Giovedì 14 giugno, ore 16-17:30
Gli studi sulla storia politica delle città comunali e signorili conoscono negli ultimi anni un rinnovamento interpretativo profondo, orientato al superamento di «quello che potremmo chiamare il “pregiudizio filocomunalistico” che a lungo ha afflitto la storia politica italiana», per usare le parole di Gian Maria Varanini (2006). La «messa in forse dell’esistenza di un modello comunale» (colta da Massimo Vallerani nel 2011) appare l’esito più evidente del rinnovato fervore della ricerca. Continua infatti a pesare sul senso comune storiografico una narrazione della storia politica delle città italiane, erede della pedagogia nazionale otto-novecentesca, radicata intorno ad alcune solide convinzioni: che i comuni fossero piena espressione della libertà dei cittadini, che la degenerazione delle lotte di fazione avesse determinato la loro crisi, e che i regimi signorili avessero segnato la fine della libertà aprendo la strada alle invasioni straniere della fine del XV secolo. Matrice ideologica di tale visione rimane la precomprensione che la storia delle città italiane sia stata il teatro di una contrapposizione tra un ipotetico mondo delle libertà politiche e quello della tirannide. Il comune, in particolare, continua a essere interpretato come il sistema politico delle esperienze di autonomia cittadina, il quadro costituzionale di tipo tendenzialmente statale. Le ricerche recenti hanno messo a fuoco i limiti cognitivi di tale modello, che appare sempre più inadeguato a descrivere e a dotare di senso la complessità e l’eccezionalità dell’esperienza politica della civiltà cittadina italiana. Si tratta dunque di meglio perimetrare l’identità del comune e, al contempo, di arricchire di senso la conoscenza della natura e del funzionamento del sistema politico delle nostre città basso medievali. Una prospettiva euristica appare quella di riconoscere l’esistenza di uno spazio politico composito – vale a dire la civitas, oggetto di riflessione della trattatistica sul suo regimen – in cui agiva una molteplicità di nuclei di potere e di attori politici: dal vescovo al comune, dal “popolo” alle arti, dalle societates le più varie alle partes. All’interno di questo spazio politico, caratterizzato da una comune matrice cittadina e dalla varietà di assetti di potere, di configurazioni istituzionali e di linguaggi politici, il comune emerse faticosamente in competizione con altre forze attive al suo interno, e fu presto affiancato da una varietà di soggetti: societates le più varie, le varie articolazioni del “popolo”, le parti, le arti, i signori, etc. Ciascuna di queste forze si affermò con proprie istituzioni e proprie normative, agendo in uno spazio comune e rielaborando i valori e i linguaggi del discorso pubblico cittadino. Nel tempo il sistema tese a farsi sempre più complesso. L’effetto più evidente fu la moltiplicazione dei processi di esclusione dalla partecipazione politica e di riammissione negoziata alla cittadinanza.
Coordinatore: Andrea Zorzi
Relazioni:
Stefano Bernardinello, I mutamenti dei regimi nelle città alla metà del XII secolo: considerazioni sullo spazio politico milanese prima della discesa del Barbarossa
Andrea Zorzi, Interpretare il comune
Alma Poloni, Il comune di popolo: un’esperienza politica minoritaria
Discussant: Jean-Claude Maire Vigueur